Intervista a Ivo De Palma
Ivo De Palma – Un doppiatore è innanzitutto un attore
Ivo de Palma – Attore, dialoghista, direttore del doppiaggio ma soprattutto grande doppiatore. Da più di trent’anni la sua voce accompagna cartoni animati, fiction, pubblicità e tanto altro ancora. Riesce a fare ridere, piangere, sognare ma soprattutto regala continuamente emozioni che solo grandi voci come la sua sono in grado di fare. Scopriamo insieme cosa c’è dietro le quinte di questo magico mondo.
1 – Qual è il segreto di una carriera così lunga come la sua?
Predisposizione e qualità di partenza, studio e affinamento di queste qualità, pizzico di fortuna di trovarsi nel posto giusto al momento giusto, spirito di sacrificio per riuscire a trovarsi in quel “posto giusto” che non è detto sia dietro casa (ho pendolato a lungo), costante miglioramento professionale e versatilità a piacere.
Questo, più che un segreto, è una sorta di ricetta. Doti innate di simpatia aiutano, ma non furono probabilmente determinanti nel mio caso, giacché tendo ad essere piuttosto riservato. Ma almeno ciò mi dà la certezza d’essere (stato sempre) scelto per le mie effettive qualità.
2 – Com’è cambiato (se è cambiato) il doppiaggio dai suoi esordi ad oggi?
E’ cambiato senz’altro, anche in relazione alla particolare piazza in cui mi sono trovato a operare quando avevo l’età giusta e la voce giusta per approfittare al meglio delle occasioni che si presentavano: cioè la piazza di Milano a metà anni ’80, un ambito in cui il doppiaggio era in forte crescita e i cartoni giapponesi, già da qualche anno sbarcati in Italia, avrebbero di lì a poco invaso il mercato. In quella irripetibile stagione fu possibile, per molti di noi, imparare il mestiere addirittura sul campo.
In linea più generale, il doppiaggio è cambiato da allora soprattutto in relazione ai tempi di lavorazione, che, tranne per progetti particolari, si sono purtroppo standardizzati, e non in meglio.
3 – C’è un attore o personaggio al quale desidererebbe “prestare” la sua voce?
Moltissimi, ovviamente, ma non vorrei dare l’impressione che io voglia… doppiare tutto quanto! Dal momento che la mia carriera si è svolta principalmente al nord, dove tuttora si doppiano prevalentemente cose per la tv (e negli ultimi anni anche i principali videogiochi) diciamo che mi manca un po’ il doppiaggio cinematografico in genere.
4 – Il suo curriculum è vastissimo e ricco di tantissime esperienze, ma lei è molto famoso per aver doppiato numerose serie animate tra cui ”I Cavalieri dello Zodiaco”. Cosa replica ai tanti che considerano il doppiaggio dei cartoni di serie B?
Che è un atteggiamento snob tipicamente italiano. Negli Stati Uniti e in Giappone chi doppia i cartoni animati è considerato ancora più bravo…
Diciamo che l’ideale è doppiare tutto quanto, ma a Milano per vari lustri si è campato di ciò che passava il convento, cioè prevalentemente cartoni. Poi è ovvio che se uno ce l’ha con me e vuol criticarmi, l’argomento più semplice, e rozzo, è che io sono uno che doppia “solo” i cartoni. Il che, oltre a essere comunque falso, non si vede perché debba necessariamente essere considerato un limite. Le voci dei cartoni animati, e certamente la mia non ultima, sono quelle che restano per sempre nell’immaginario e nel cuore delle persone, anche in chi non sarà poi un cinefilo. Nel cuore di quasi tutti, il ricordo di quegli anni belli è legato alle nostre voci. O magari non furono, per qualcuno, anni molto belli, ma allora le nostre voci furono di conforto, quindi comunque fondamentali. Checché se ne possa o voglia pensare, le voci dei cartoni hanno un posto speciale dentro ognuno di noi, e sono ricordate con molto più trasporto delle voci dei divi di Hollywood.
5 – Oltre ad essere un grande doppiatore, da anni si dedica all’insegnamento di questa disciplina, tanto affascinante quanto impegnativa. Dopo anni di esperienza a contatto con numerosi allievi, ritiene che chiunque possa diventare un bravo doppiatore o bisogna avere doti particolari?
Le doti sono importanti e vanno sviluppate. Memore dei miei inizi, quando chiunque avessi a fianco a microfono era mille volte più bravo di me, anche perché magari era a leggìo da quando era bambino, difficilmente nego il beneficio del dubbio e difficilmente dico “tu sei negato”. Vi sono aspiranti che hanno certamente una marcia in più, una vocalità di partenza già abbastanza bene impostata. Altri invece, devono impegnarsi molto per arrivare a un livello accettabile. Ma ho avuto allievi bravi che poi sono rimasti a casa ad aspettare che qualcuno li chiamasse, senza esito. E altri meno bravi che poi hanno pervicacemente insistito per entrare nel giro. Riuscendovi. Inutile dire che la “capatosta” fa molto, ed è un altro ingrediente da aggiungere alla ricetta della domanda numero 1…
6 – Quali sono i consigli che darebbe a tutti coloro che vogliono intraprendere questo lavoro?
Prepararsi bene, considerando che un doppiatore è comunque innanzitutto un attore, e poi darsi una scadenza precisa, entro la quale però impegnarsi a fondo per entrare nel giro frequentando i posti in cui si fa questo lavoro. Se uno deve ancora laurearsi, o ha altre cose per la testa, inutile farsi vedere per poi scomparire, allora è meglio rinviare il tentativo.
7 – Spesso del doppiaggio si sa poco e ci si limita ad ascoltare dialoghi ben preparati e recitati. Ci può svelare qualche segreto o qualche aneddoto particolare?
Beh, molti non sanno che svariati di quei dialoghi così “ben preparati e recitati” sono stati incisi in “colonna separata”, cioè ogni collega ha inciso separatamente dagli altri, a seconda della disponibilità di ognuno a essere presente in studio. Una difficoltà in più, che implica un perfetto senso della musicalità del dialogo, e un’emissione vocale standard, simile per tutti. Altrimenti se uno urla e l’altro sussurra diventa poi un problema, in mix, mettere le due voci sullo stesso piano.
8 – Il suo lavoro richiede veramente tanto tempo, ore ed ore chiusi in sala di doppiaggio. Riesce a ritagliarsi un po’ di tempo per se stesso e per viaggiare?
Da pendolare per oltre 20 anni (negli ultimi 10 viaggio decisamente meno), posso dire che il mio lavoro è sempre stato connesso al concetto di viaggio, sebbene non intrapreso per diporto.
Ho viaggiato molto durante gli anni del matrimonio, essendo la mia ex-moglie un’accanita viaggiatrice. I ricordi più belli legati ai viaggi sono di quegli anni.
9 – C’è un viaggio che deve ancora compiere?
Non escludo nulla, ma difficilmente mi sposto da solo. Per me qualunque esperienza che non riguardi il mio lavoro è più bella se intrapresa in compagnia, ben consapevole del fatto che c’è chi è fieramente convinto del contrario.
10 – Qual è la sua idea di vacanza?
Una volta era “no alpitour”, ora è “no stress”, che però non significa automaticamente “sì alpitour”…
11 – Come cambia, secondo lei, il concetto di vacanza passando da single a uomo impegnato?
Per me che preferibilmente viaggio in compagnia, e possibilmente di quella persona un po’ speciale, cambia molto. Ma viaggiare è una dimensione un po’ particolare dell’esistenza, e il “compagno di viaggio” è importante. Non è detto che l’affiatamento che si ha con una persona a casa propria sia replicabile tal quale quando si è in viaggio. Anche se, ovviamente, per il futuro auspico che sia così.
12 – Cosa non deve mai mancare nella sua valigia?
Qualche libro, ché a volte trovo il tempo di leggere di più proprio in vacanza.
13 – Se potesse racchiudere in tre parole il suo lavoro, come lo definirebbe?
Bello.
Bello.
E per cambiare un po’… bello.
14 – Quali sono i suoi progetti per il futuro?
Restare in pista. Ché molti pensano sia difficile cominciarlo, questo mestiere. Mentre i chiari di luna planetari degli ultimi anni dimostrano che è molto più difficile… continuare a farlo…
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