Intervista a Marco Falaguasta
Marco Falaguasta – Quello che ho capito è stato che quello che avevo dentro e che mi piaceva fare si chiamava attore…
Marco Falaguasta: bello, affascinante ma soprattutto grandissimo attore non solo di fiction ma anche di teatro. Da anni calca palcoscenici di tutta Italia portando in giro per la penisola grandi spettacoli. In tv con Centro Vetrine o al fianco di Raoul Bova è riuscito a conquistare il grande pubblico che lo ama e lo segue con grande affetto. Scopriamo con lui i segreti di questo splendido mestiere!
Diventare un attore è sempre stato un suo sogno o lo ha capito con il tempo? E se si quando?
Quello che ho capito è stato che quello che avevo dentro e che mi piaceva fare si chiamava attore. È nata prima la sensazione e poi a quella sensazione ho saputo dare una definizione e questo intorno ai 15 anni, quando ho cominciato le mie esperienze nei villaggi turistici perché vedevo che proporre al pubblico delle cose che intuivo potessero essere divertenti e riscontrare che effettivamente lo fossero era una cosa che mi piaceva . Con il tempo ho compreso che farlo in modo permanente significa fare l’attore.
Cinema, tv, teatro e anche regia. Quale dei tre preferisce da attore? E quale da spettatore?
Da spettatore adoro il teatro, è il contesto nel quale mi sono formato e lo seguo molto. Da attore mi piacciono tutti i contesti nei quali si racconti una bella storia, che sia teatrale, cinematografica, televisiva o addirittura radiofonica non ha importanza.
Come tutti gli attori avrà fatto tanti provini nella sua vita. Ce n’è uno che magari ricorda con particolare affetto? E se si perché?
Quello che mi ricordo con più piacere è il provino che feci per “La terza verità” in quanto era la prima volta che facevo un provino per il ruolo di protagonista ed era la prima volta per un regista televisivo molto importante come Stefano Reali. Avvertivo l’importanza del ruolo e lo ricordo con grande piacere. Venivo da diversi provini con Reali nei quali non mi aveva preso e c’era anche la voglia di dimostrare che quello che lui cerava io ce l’avevo.
Oltre ad essere un bravissimo attore, lei è anche un bellissimo uomo. Quanto crede che conti la bellezza in questo tipo di mestiere?
Come nella vita, credo che in qualche maniera possa essere uno degli aspetti che possa facilitarti, la classica prima impressione, ma se si persegue un obiettivo di qualità è normale che all’interno sia necessario metterci qualcosa. Inizialmente è innegabile che sia qualcosa che facilita anche l’instaurarsi di un rapporto umano con chi si ha di fronte, ma bisogna far vedere che dietro l’aspetto fisico c’è un pensiero.
Nella sua carriera ha interpretato ruoli cattivi ma anche buoni. Quale le piace interpretare di più?
Il cattivo mi piace molto! I cattivi sono dei personaggi tormentati, controversi, che hanno mille sfaccettature. Tutte le volte in cui ho approcciato ad un personaggio cattivo l’ho fatto cercando di capire per quale vie è diventato cattivo e la risposta a questo interrogativo è diventata l’anima del personaggio. Ogni cattivo poi è diverso, ognuno ha una sua sfaccettatura e mai e poi mai potrei interpretare un cattivo simile ad uno che già interpretato, perché significherebbe non aver capito nulla del personaggio. La domanda che mi pongo sempre è se questo personaggio possa essere assolto. Se trovo una maniera per dare una giustificazione alla sua cattiveria, significa che il personaggio c’è. Diversamente è difficile che il personaggio mi possa piacere.
C’è un attore o regista con il quale vorrebbe lavorare? O con il quale vorrebbe tornare sul set?
Mi piacerebbe lavorare nuovamente con Enrico Oldoini con il quale mi sono trovato molto bene, mi diverte molto lavorare con lui. E se dovessi pensare a qualcuno con cui non ho mai lavorato mi piacerebbe moltissimo Daniele Lucchetti.
Da qualche giorno è in scena a teatro a Roma con la commedia “L’ultimo rigore”. Qual è stato nella sua vita personale, se c’è stato, il momento in cui si è trovato di fronte ad una porta pronto a lanciare un calcio di rigore? E ha segnato?
Questa è un’esperienza che mi succede tutti i giorni. Credo che la vita costantemente ci metta di fronte all’obbligo di dover scegliere, c’è poi chi si assume la responsabilità delle scelte e chi no. È un tema che mi sta molto a cuore anche perché ho avuto un periodo della mia vita (quello della mia formazione) nel quale, essendo meno sicuro di me e avendo meno consapevolezza, cercavo di scappare dall’obbligo di scegliere. Andando avanti, avendo acquisito più consapevolezza di me, questa è una cosa che non ho più fatto e oggi sono una persona che decide. Sono molto riflessivo e cerco di valutare tutti gli aspetti in campo. Poi scegliere significa pure assumersi la responsabilità di sbagliare e questa è una cosa che oggi come oggi faccio con molto piacere in quanto ritento che sia doveroso.
In tanti la ricordano per il ruolo di Michele Raggi nella soap “Centroventrine”. Che ricordi ha del periodo sul set di Torino?
Fantastico!! Dei ricordi bellissimi perché è stata l’esperienza che mi ha introdotto nel circuito televisivo e che mi ha dato una popolarità a livello nazionale. Era la prima volta che mi allontanavo da casa per così tanto tempo ma con i colleghi mi sono trovato benissimo, con il contesto di Centovetrine lo stesso ed è un’esperienza che ricordo assolutamente con grande piacere.
La sua carriera è contornata anche di numerosi premi tra cui il miglior giovane regista della captale nel 2002 o miglior commediografo dell’anno nel 2004 con “trenta senza lode”. Quanto crede che contino i riconoscimenti per chi fa un lavoro come il suo?
È gratificante di tanto in tanto sentirsi dire che stai facendo bene il tuo lavoro e che questo ti venga riconosciuto magari anche da un grande assessore alla cultura del comune di Roma, come nel mio caso, che si chiamava Gianni Borgna, una persona con una sensibilità profonda e con una grande umanità, è veramente bello. Non deve diventare un’ossessione però, ma deve rimanere un sogno. Il nostro lavoro deve comunque essere indipendente dalle gratifiche che possono ricevere e che, torno a dire, fanno comunque piacere.
Siamo oramai in un’epoca dove i social network fanno parte della vita di chiunque. La sua pagina Facebook è seguitissima. Che rapporto ha con i social network?
Ottimo! Io tutto sommato sono un grande compagnone e i social mi danno la possibilità di parlare con tutti, di scambiare pareri, di ringraziare per i complimenti e stabilire un contatto diretto con le tante persone che mi seguono. Mi piacciono molto. Chi mi segue lo sa, scrivo spesso, pubblico foto, rispondo a tutti anche con una certa frequenza. Da piccolo un mio sogno era quello di salire sull’autobus e avere la possibilità di parlare con tutti e, sotto certi aspetti, i social mi danno la possibilità di realizzare questo sogno.
La vita da attore, soprattutto di teatro, la porta spesso a viaggiare, scoprendo ogni giorno città diverse e vivendo sempre nuove esperienze. Come vive il suo rapporto con treni, aerei ecc?
Molto bene! Il concetto di viaggio mi piace molto perché nello spostamento c’è sempre una scoperta ed essendo io una persona molto curiosa questo aspetto mi affascina notevolmente. Fare questo lavoro mi porta a conoscere tanti posti e tante persone diverse. Io dico sempre che un posto lo conosci veramente quando scopri come si passa il sabato e la domenica ed io di sabati e domeniche ne ho passate veramente tanti, in tanti posti diversi. Quello che succede la domenica mattina, in qualsiasi posto io visiti, è fantastico.
Quale città, tra quelle visitate fino ad ora, le è rimasta più nel cuore? E perché?
A me l’Italia piace tutta. Ovunque io sia andato sono sempre stato accolto con grande affetto e come uno di casa ma se dovessi dire un posto dove sono stato veramente bene è la Puglia. Mi sento accolto, ben voluto. Adoro il Salento, che mantiene certe asperità e certi contesti selvaggi affiancati alla possibilità di vedere arte, cultura e adoro la gente della Puglia, che sa dimostrare affetto senza essere invadente. In questa terra ho stabilito rapporti umani splendidi.
Quale città italiana le piacerebbe visitare in una delle sue tournèe?
Bologna, perché ci sono stato una volta in maniera molto fugace senza averla vissuta e mi piacerebbe moltissimo andare e fermarmi. Mi parlano tanto della vitalità e della cordialità di questa città.
Cosa non deve mai mancare nella sua valigia?
Io ho un vecchio insegnamento del mio maestro Fiorenzo Fiorentini che mi diceva sempre: “Per qualsiasi spostamento nella valigia non deve mai mancare un profumo ed una camicia bianca. Non puoi mai sapere quando sei in giro cosa può succedere e potresti sempre aver bisogno di una camicia bianca”. Ed io ho preso alla lettere il suo insegnamento.
Un sogno nel cassetto?
Tutto quello che devo ancora fare. E poi i sogni nel cassetto prendono muffa, li tengo sopra al cassetto, sempre a portata di mano!
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